Milano, 8 feb. (AdnKronos Salute) - Un viaggio nel buio, andata e ritorno. Maria a 7 anni ha imparato cosa vuol dire lottare fra la vita e la morte. In una sera di gennaio l'impatto con un auto, i lampi dei mezzi di soccorso, il coma, i giorni che scorrono, la sala operatoria. E poi di nuovo gli occhi che si riaprono. Con la semplicità di una bambina quello che ha imparato lo scrive in un biglietto di Natale. Agli "angeli" in camice che l'hanno salvata - l'équipe di medici e infermieri del Trauma Center dell'ospedale San Gerardo di Monza - Maria dice grazie e manda "un bacio". Ai pazienti che stanno ancora combattendo la sua stessa battaglia un incoraggiamento: "Dovete essere dei guerrieri, spero che stiate meglio e che torniate a stare con i vostri amici". Storie come la sua sono pane quotidiano in una Terapia intensiva, ma quando nel letto c'è un bambino è difficile non cedere alle emozioni. Il lieto fine e le parole della piccola hanno incrinato la 'corazza' dei professionisti: "Spesso chi lavora in Terapia intensiva, non conosce il finale della storia dei propri pazienti - racconta Giuseppe Foti dell'Unità operativa di Anestesia e rianimazione dell'Asst di Monza - Si affronta la parte peggiore della malattia, ma una volta che la condizione clinica è stabilizzata, i pazienti vengono trasferiti nei reparti di degenza ordinaria e quindi alle riabilitazioni dove viene svolta una parte altrettanto rilevante del processo terapeutico: riportare alla normalità chi ha lottato fra la vita e la morte per settimane, sedato, intubato, sottoposto spesso a plurimi interventi chirurgici multi specialistici, in totale dipendenza dalle macchine necessarie per sostenerne le funzioni vitali. Alla fine di tutto, comunque, non esiste soddisfazione maggiore di quella di ricevere una lettera per Natale" come quella di Maria.Il percorso della piccola paziente è stato proprio questo. Dopo l'incidente in cui viene travolta da un auto con la sua mamma, proprio sotto casa, Maria viene portata al San Gerardo e ricoverata in condizioni critiche: un grave trauma cranico, contusioni polmonari, fratture, un'emorragia interna. Il papà vive ogni giorno col fiato sospeso. L'équipe che l'assiste la sottopone a una terapia medica e neurochirurgica estrema. Il tempo passa tra speranze e nuovi peggioramenti, e alla fine Maria riapre gli occhi. Dopo diciassette giorni, Maria viene trasferita in una struttura riabilitativa che la accompagnerà nel processo di guarigione. Saluta tutto il reparto. E pochi giorni dopo il primo a scrivere è il fratello: "Avete contribuito a ricostruire una famiglia. Grazie". Dopo meno di quindici giorni Maria torna per un nuovo intervento neurochirurgico: passa quattro giorni nello stesso reparto, ma questa volta è sveglia e ha voglia di parlare. Va via di nuovo in riabilitazione. Di pazienti come lei, politraumatizzati gravi, al San Gerardo se ne vedono "centinaia l'anno, essendo uno dei 6 Trauma Center che la Regione ha definito nel 2012", spiegano dall'Asst. Sono reparti dove il tempo è vita e dove si sviluppano procedure innovative proprio per non perdere minuti preziosi. In un giorno di ottobre, Maria ha suonato di nuovo al citofono della Terapia Intensiva Neurochirurgica. È passata a salutare, si commuove, stringe la mano a tutti, medici, infermieri, operatori socio-sanitari, al personale che non aveva mai visto. Il loro lavoro è stato ripagato. Maria è tornata a scuola, è tornata a fare zumba.