Roma, 8 feb. (AdnKronos Salute) - Sono circa 4.000 ogni anno le persone che si tolgono la vita nel nostro Paese. "E con la crisi, dal 2008 in poi, abbiamo registrato un +12% di suicidi negli uomini giovani e adulti in età lavorativa, dunque dai 25 ai 69". Lo testimonia all'AdnKronos Salute Maurizio Pompili, vice-presidente della International Association for Suicide Prevention (Iasp) e responsabile del Servizio per la Prevenzione del suicidio presso l'azienda ospedaliera Sant'Andrea-Sapienza Università di Roma, dopo il caso del trentenne di Udine che si è ucciso il 31 gennaio, denunciando in una lettera che 'di no come risposta non si vive, di no si muore'. "Abbiamo vissuto una crisi simile alla Grande Depressione del '29 - dice Pompili - Le persone si sono trovate davanti a un lavoro che non c'è, è precario o part-time, a una riduzione di beni durevoli e non. E se nei primi anni abbiamo registrato, purtroppo, molte morti fra imprenditori che non riuscivano più a garantire un futuro alle loro aziende e ai dipendenti, ora ci troviamo a fare i conti con una generazione, quella dei giovani, che dopo anni di tentativi a vuoto ha perso la fiducia nel futuro". Tanto che molti scommettono su possibilità fuori dall'Italia. E' "un'amarezza comprensibile, quella dei giovani italiani. Ma proprio il fatto di non vedere un futuro - riflette lo psichiatra - aumenta il rischio di suicidio. Si tratta di un problema reale, che finisce per schiacciare le persone più vulnerabili". In questi casi "il suicidio - prosegue Pompili - viene visto come una soluzione per porre fine al proprio dolore. Se a scegliere questa strada sono le persone più vulnerabili, dobbiamo anche renderci conto che siamo di fronte a una generazione messa a dura prova". Per l'esperto è dunque importante intervenire e non sottovalutare il problema. "Oggi in Italia - conclude - abbiamo circa 4.000 suicidi l'anno, con un rapporto di tre a uno fra uomini e donne. Numeri, ma anche singoli casi, che devono far riflettere", conclude.