Caltanissetta, 22 mar. (AdnKronos) - "Le persone che ho accusato sono tutte innocenti". E' il 26 luglio del 1995 e Vincenzo Scarantino, il superpentito della strage di Via D'Amelio, intervistato dal giornalista palermitano Angelo Mangano di Studio Aperto raccontò, per la prima volta, una versione diversa da quella data agli inquirenti. A raccontarlo in aula, oggi, è stato il giornalista Mangano, sentito al processo per il depistaggio Borsellino, che vede alla sbarra tre poliziotti: Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei."Gli chiesi delle persone che Scarantino aveva accusato - ricorda Mangano in aula a Caltanissetta - e lui mi rispose: 'Sono tutti innocenti'. Poi raccontò anche di essere stato torturato nel carcere di Pianosa. E io gli chiesi: 'chi l'ha fatta urinare sangue?' e lui mi disse 'La Barbera'. Ma siccome c'erano due La Barbera nel gruppo Falcone e Borsellino io gli chiesi se si riferiva al questore e lui mi disse di sì". "Venni poi chiamato dalla segreteria del dottor La Barbare - ha ricordato ancora Mangano -ma l'ufficio legale di Mediaset mi suggerì di non andare in Questura e, anzi, di allontanarmi da Palermo. E il mio direttore mi mise in ferie forzate". Lo scoop di Mangano venne poi ripreso da La Stampa. "Un articolo che mi preoccupò -ha detto Mangano - perché si ipotizzava che la ritrattazione fosse stata manovrata da Cosa nostra e che io fossi diventato una sorta di ufficio stampa della mafia".