Roma, 19 dic. (Labitalia) - "Da una parte i 'comunicatori', che anche con l'odierna conferenza stampa congiunta (Ascai, Cida, Com&Tec, ConfAssociazioni, Ferpi, Una) continuano ad esprimere fortissime perplessità al loro ingresso "forzato" nell'Inpgi. Dall'altra, gli uffici stampa privati, una vastissima platea di giornalisti il cui lavoro, complice un vuoto normativo, non è riconosciuto come giornalistico e che non possono accedere all'Inpgi". Così Paola Scarsi, del consiglio direttivo del Gus (Giornalisti Uffici Stampa) Lazio, interviene sulla questione del salvataggio dell'Inpgi.Per Scarsi, occorre infatti riconoscere "come attività giornalistica, il lavoro dei giornalisti uffici stampa privati, categoria di cui faccio parte". "Nel settore pubblico quest'attività è riservata agli iscritti all'Ordine. Nel privato è affidata al Far West, con tutte le conseguenze legate a fake news, assenza di deontologia, svarioni, errori, comunicazioni inesatte o volutamente falsate: e non si può neppure invocare l'esercizio della professione abusiva", sottolinea Scarsi. "Tutti oggi possono lavorare come uffici stampa privati. Una stortura cui il legislatore deve porre rimedio. Quale consigliere nazionale dell'Ordine di giornalisti nella passata consiliatura, fui prima firmataria (il 17 febbraio 2017) di un ordine del giorno approvato all'unanimità che ripropongo e di cui rivendico ogni punto ancor oggi", ricorda.Scarsi riporta quell'odg che recitava: "Il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei giornalisti segnala l'assenza di norme per il comparto degli uffici stampa privati. Ciò rende tra l'altro impossibile sanzionare l'abuso della professione che, per gli uffici stampa privati come già avviene per quelli pubblici, dovrebbe essere svolta esclusivamente dagli iscritti all'ordine, con tutte le garanzie di professionalità, rispetto della deontologia e aggiornamento formativo che ciò comporta". "Il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti auspica che il legislatore intervenga per colmare il vuoto normativo sopra evidenziato, a tutela della professione dei propri iscritti e del diritto dei cittadini di essere informati in maniera corretta", concludeva l'ordine del giorno.