
Palermo, 31 mag. (Adnkronos) - La sentenza di assoluzione dell'ex ministro Calogero Mannino, nel processo stralcio per la trattativa tra Stato e mafia, con il rito abbreviato, entra nel processo d'appello per la trattativa, in corso davanti alla Corte d'Assise d'appello di Palermo. La Procura generale ha depositato una memoria in cui parla di "manifesta illogicità della motivazione assolutoria" dell'ex ministro Calogero Mannino "con riferimento ai fatti in precedenza accertati nel procedimento a carico dello stesso per concorso esterno in associazione mafiosa, indicativi di pluriennali rapporti con importanti esponenti mafiosi", come si legge nella memoria in possesso dell'Adnkronos. La Procura generale, rappresentata in aula dai sostituti procuratori Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, mette subito in chiaro che "non si mette in discussione il giudicato assolutorio" ma che c'è la "necessità di parlarne" per evidenziare alcuni fatti. Sono 21 i capitoli della memoria depositata dalla Procura generale. In cui i pg parlano di "motivazione illogica con travisamento del fatto, con riferimento alla verosimile consapevolezza e alla verosimile approvazione da parte del dottor Paolo Borsellino dell'iniziativa dei carabinieri Mori e De Donno di agganciare Vito Ciancimino". I pg parlano anche di "un travisamento della prova con riferimento alle dichiarazioni rese da Agnese Borsellino in merito a quanto riferitogli dal marito pochi giorni prima di essere ucciso sul fatto che il generale Subranni 'era punciutu'". Imputati di minaccia a Corpo politico dello Stato sono gli ufficiali dei carabinieri Mario Mori e Giuseppe De Donno e l’ex capo del Ros Antonio Subranni, l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, i boss Leoluca Bagarella e Antonino Cinà e il pentito Giovanni Brusca. Gli imputati, tranne Brusca per cui fu dichiarata la prescrizione, sono stati condannati a pene pesantissime. La Corte d’Assise d’appello ha, invece, dichiarato prescritto il reato di calunnia contestato a Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo Vito, che in primo grado aveva avuto 8 anni. Secondo i giudici il reato si sarebbe prescritto il 2 aprile 2018, prima dunque della sentenza di primo grado.
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