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"Allevo avatar di tumori per cure mirate", storia di Giulia'Il mio sogno? Trovare nuovi bersagli terapeutici'

Lavora all'Ifom di Milano, 'non vado all'estero, credo nell'Italia'

salute
AdnKronos
Roma, 31 mag. (Adnkronos Salute) - Mini tumori da far crescere in laboratorio per trovare il loro tallone d'Achille. E' la scommessa di Giulia Della Chiara, classe 1981, laureata con lode in Biotecnologie all'università 'Carlo Bo' di Urbino, che ha vissuto a Pesaro fino alla laurea e, poi, si è trasferita a Milano. "E' la Mecca italiana della ricerca scientifica, e, agli occhi di una giovane marchigiana come me, sembrava come una partenza per New York", dice la ricercatrice all'Adnkronos. Oggi lavora all'Istituto Firc di Oncologia molecolare (Ifom) da più di un anno, dopo un "epico trasloco nel bel mezzo del lockdown". "Ho sempre trovato nel nostro Paese laboratori eccellenti, che non avevano nulla da invidiare a quelli dei migliori istituti di ricerca stranieri. Da noi la gavetta è più lunga e, spesso, i ricercatori con esperienze all'estero vengono anche premiati con più punti nei bandi di concorso. Ho avuto più volte la possibilità di prendere un biglietto di sola andata per la Grande Mela, ma credo nell'Italia e voglio giocare in casa". Giulia coltiva da sempre la passione per il basket, i gatti – ne ha due grigi a pelo lungo, Dorian e Lira – e, soprattutto, per la ricerca scientifica. Milano le ha dato l'opportunità di entrare nei laboratori più importanti. Al San Raffaele prima, poi, all'Istituto europeo di oncologia, per approdare al laboratorio, diretto dal professor Massimiliano Pagani, prima all'Istituto nazionale di genetica molecolare (Ingm) e oggi all'Ifom per un progetto innovativo. "Si tratta dello studio delle relazioni tra tumore e sistema immunitario con l'utilizzo di colture cellulari 3D, i cosiddetti organoidi che, partendo da cellule staminali, derivate da tessuto umano, sono in grado insieme a fattori di crescita, di ricreare in vitro dei mini organi umani", spiega. "Vedere crescere da singole cellule delle piccole masse di tessuto è un'emozione davvero impagabile. E' come allevare una cucciolata di piccoli tamagotchi e, se ti prendi cura di loro, ti consentono di indagare i più complessi meccanismi alla base della crescita del tumore". Un lavoro, condotto grazie al sostegno finanziario della Fondazione Airc per la ricerca sul cancro e pubblicato sulle pagine dell'autorevole testata scientifica britannica Nature Communications. "Si basa sulla generazione di mini organi - racconta - per studiare in particolare il tumore al colon-retto, la cui incidenza nel mondo occidentale è al secondo posto per diffusione e mortalità". "Creiamo questi mini-tumori a partire da campioni di pazienti malati. Sminuzziamo questi frammenti, mettendoli dentro a una sorta di 'frullatore' e ne ricaviamo una poltiglia di cellule da mescolare con un gel con tutti gli 'alimenti' di cui hanno bisogno. Al momento abbiamo circa una trentina di piccoli avatar di tumori, di cui controlliamo la crescita giorno dopo giorno, al caldo dentro una specie di incubatrice, e in più ne abbiamo altri congelati nella nostra biobanca in azoto liquido. Con il passare del tempo, all’interno delle gocce di gel, le cellule si aggregano e acquistano le sembianze del mini organo umano da cui sono state isolate". "Queste miniature, battezzate 'tumoroidi', vengono generate da diversi pazienti affetti dallo stesso tipo di tumore e impiegate per studiare sequenze di Dna particolari. Il mio sogno? Trovare nuovi bersagli terapeutici - chiosa la giovane ricercatrice - per rendere più efficaci le terapie e contrastare lo sviluppo di recidive".

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