Roma, 1 giu. (Adnkronos) - La fine della carcerazione di Giovanni Brusca, l’ex boss di San Giuseppe Jato che ha lasciato Rebibbia, coincide con l’inizio di una “non vita, un'esistenza comunque bruciata”. E’ questo l’insegnamento che, secondo Alessandro Preziosi, bisognerebbe veicolare alle nuove generazioni. L’attore napoletano, che ha vestito i panni del capo del clan dei Casalesi, Michele Zagaria, nella fiction 'Sotto copertura - La Cattura di Zagaria', che la Rai ha riproposto qualche settimana fa, e quelli del sacerdote don Peppe Diana, ucciso nel 1994 dalla camorra, nel film tv ‘Per amore del mio popolo non tacerò’, di nuovo in onda sulla rete ammiraglia di viale Mazzini lo scorso 23 maggio, sottolinea infatti che le esperienze attraversate da Brusca e da Zagaria “sono vie senza ritorno e, in questo senso, dovrebbero essere d’esempio per le nuove generazioni”.“Noi tutti – scandisce all’AdnKronos Preziosi- in maniera compatta, dal punto di vista politico, sociologico, giornalistico dobbiamo fare in modo che passi l’idea della scarcerazione come l’inizio di una non vita, di una vita che è stata bruciata”. Proprio sul fronte della scarcerazione, Preziosi evidenzia che “l’unica persona che andava sentita, ed è stata sentita, era la sorella del giudice Falcone la quale ha detto che se la giustizia prevede questo, questo sia. Io non posso fare altro che associarmi a questa impostazione”. In ogni caso, continua Preziosi, “c’è da chiedersi, più che altro, che vita è quella di uomo che, come Zagaria, è entrato in uno stato di latitanza molto giovane, è rimasto 14 anni nascosto come un topo in un bunker per poi essere arrestato e finire in carcere a vita. Queste vicende, nel loro epilogo, dovrebbero aiutarci a farci capire che vita alienante e disumana si finisce di condurre nel momento in cui si decide di entrare nel tunnel dell’illegalità. Credo che il messaggio sia abbastanza inequivocabile: che vita è quella di un uomo che passa metà della suoi giorni a scappare e l’altra metà in carcere?”.“Come interprete, nel caso di Zagaria – conclude Preziosi - mi sono limitato a cercare, dal punto di vista cinematografico, la legittimazione del male che ha fatto il personaggio. Si è cercato di raccontare la solitudine, l’autismo umano nel quale si finisce di precipitare nel momento in cui la spirale della tua vita è una via senza ritorno”.