
(Adnkronos) - Già nel processo di primo grado sulla trattativa tra Stato e mafia, l'allora pm Roberto Tartaglia, in requisitoria, aveva parlato delle "omissioni" nel dossier mafia e appalti, "effettuate nell’interesse di Mannino e Nicolosi". La Procura si chiedeva se le "omissioni" sarebbero state quindi “frutto di preliminari intese con gli stessi Nicolosi e Mannino, che avevano contattato i Carabinieri?”. Fici parla anche dei "rapporti di amicizia tra il generale Antonio Subranni", tra gli imputati del processo, e Calogero Mannino. Anche il collaboratore di giustizia Angelo Siino ha parlato del dossier mafia e appalti. Raccontando la genesi di quella "sua conoscenza illegittima di un atto giudiziario". I protagonisti di questo ambiguo dossier sono diversi. “Uno dei primi che me lo mostrò fu Salvo Lima”, spiegò l’ex boss Siino, aggiungendo che l’ex europarlamentare, prima ancora di consegnarglielo, gliene aveva già parlato. “Salvo Lima mi disse che questo rapporto gli era stato dato, aggiungendo che dovevo stare attento in quanto c’erano personaggi che avevano intenzione di fregarmi e a lui dispiaceva perché ero il suo unico referente nei grandi appalti nella provincia di Palermo”. Il primo dossier venne consegnato nel febbraio del 1991 a Giovanni Falcone ma il giudice, che poi venne ucciso nella strage di Capaci, materialmente non se ne poteva occupare perché già designato come Direttore degli affari penali al Ministero e quindi la consegnò al Procuratore Pietro Giammanco per la riassegnazione. E quindi dei sostituti Guido Lo Forte, Giuseppe Pignatone e Roberto Scarpinato. Il 25 giugno di quello stesso anno la Procura di Palermo, sulla base di quella informativa e di ulteriori approfondimenti investigativi, chiese l’arresto di sette dei soggetti denunciati nel rapporto: Siino, Li Pera, Farinella, Falletta, Morici, Cascio e Buscemi. Per gli altri indagati il 13 luglio del ’92 venne chiesta l’archiviazione. Ai legali degli arrestati fu però consegnata l’intera informativa del Ros, anziché gli stralci relativi alle posizioni dei diretti interessati, col risultato che tutti i contenuti dell’indagine vennero resi pubblici, vanificando il lavoro degli investigatori. La vicenda provocò una frattura insanabile tra il Ros e la procura di Palermo e diverse polemiche sui giornali, che parlarono addirittura di “insabbiamento” della parte di indagine che chiamava in causa esponenti politici.
Leggi anche