Milano, 22 feb. (Adnkronos Salute) - Giovanissimi che trascorrono ore sui social anche prima dei 13 anni, età minima per iscriversi a Instagram e TikTok. In agguato diverse insidie, fra cui la depressione e l'ansia da immagine e mancata accettazione del proprio aspetto. E' il quadro disegnato da uno studio pilota condotto nell'ambito del progetto 'SatisFace', avviato dal Cussb (Centro universitario di Statistica per le scienze biomediche) dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano (UniSr), con la collaborazione di ricercatori di vari ambiti della Facoltà di Psicologia - dalla psicometria, alla psicologia del comportamento, alla comunicazione - avvalendosi anche del supporto di colleghi dell'Università Sigmund Freud. Obiettivo: "Studiare problematiche e potenzialità legate alla gestione dell'immagine di sé digitale, con un'attività di ricerca innovativa concentrata sul viso, protagonista delle interazioni virtuali, ma finora raramente preso in considerazione dalla letteratura", spiegano dall'ateneo.L'affermarsi della rivoluzione digitale - osservano da UniSr illustrando il razionale del progetto - sta provocando profonde trasformazioni nel rapporto che gli individui in generale, e i giovani in particolare, intrattengono con la propria immagine. L'immagine digitale consente, con un semplice smartphone, di produrre, memorizzare, modificare e condividere, a costi irrisori, migliaia di immagini, nella maggior parte dei casi costituiti da ritratti e autoritratti (selfie). Ogni minuto milioni di visi sono fissati in fotografie digitali, soggette a un makeover virtuale praticato dagli utenti o incorporato negli stessi dispositivi fotografici. Un ritocco che riguarda da una parte la preparazione reale del viso (dal make-up, al botox, fino alla chirurgia estetica), dall'altra parte la sua manipolazione virtuale (dai filtri, agli algoritmi di editing, fino ai software di modifica dell'immagine). Tutti questi passaggi sono strettamente legati tra loro e si influenzano reciprocamente, con effetti amplificati dalla possibilità di condividere la propria immagine tramite i social media, che estendono il confronto dai modelli classici di bellezza proposti da stampa, cinema e tv alla comparazione tra pari."Il contesto descritto - avvertono gli esperti - in alcuni casi può produrre disturbi psicologici, se non vere e proprie patologie, ma anche nuove forme poco studiate di relazioni sociali che costituiscono altrettante opportunità offerte dalla rivoluzione digitale". Indagarle è lo scopo di SatisFace, progetto interdisciplinare che integra le competenze di statistica, psicologia, digital health e psicologia sociale, per misurare e analizzare la percezione dell'immagine del proprio viso e la relazione tra questa e il mondo digitale, ed elaborare una valutazione quali-quantitativa dell'impatto delle tecnologie digitali sull'immagine di sé come possibile predittore di eventuali disagi psicologici - soprattutto in età pre e post adoloscenziale - ma anche nell'ottica di promuovere un benessere digitale, il digital wellbeing.I ricercatori hanno sviluppato un questionario online pensato per analizzare l'uso dei social network, il selfie behaviour (comportamento assunto nello scatto del selfie), l'attitudine rispetto all'editing e all'uso dei filtri (frequenza in cui si scattano o si modificano i selfie, tipi di filtri usati per il volto), la consapevolezza delle funzioni predefinite di fotoritocco facciale, la gestione e la percezione dell'immagine digitale, l'appearance anxiety (ansia legata all'aspetto) e la presenza di sintomi internalizzanti. I primi risultati emergono da uno studio pilota condotto su 120 ragazzi dai 12 ai 16 anni.I social più utilizzati - riporta una nota UniSr - sono WhatsApp (92,5%), TikTok (88,3%), Instagram (76,7%) e YouTube (75%). Il 65,9% dei partecipanti riferisce di trascorrervi fino a 4 ore (il 37,5%, da 2 a 4 ore). Il 57,1% degli intervistati dice di usare i social da 2 a 4 anni. "Considerato che il campione è costituito per il 71,7% da ragazzi/e di 12 e 13 anni, e che i partecipanti di età inferiore a 14 anni riportano per il 61,2% di usare i social da 2 a 4 anni, si evince un early use dei social a fronte dell'età minima di 13 anni per iscriversi a Instagram e Tiktok, non senza ricadute sul tema della sicurezza", rilevano gli autori dell'indagine.Se si mette in relazione il dato sul tempo trascorso sui social con il dato sulla media dei follower e con quello sulla media dei like (il 68,3% degli intervistati ha meno di 500 follower e il 53,5% riceve meno di 30 like in media), risulta che gli studenti che hanno partecipato all'indagine principalmente 'seguono' (amici/influencer/sportivi), invece di 'essere seguiti'. Per gli esperti, "il dato sul tempo trascorso sui social è interessante se letto in relazione ai punteggi ottenuti nelle scale relative alla manipolazione fotografica, al controllo dell'immagine nelle foto online/offline, all'ansia da aspetto, alla body-esteem (stima del proprio corpo): in particolare, rispetto ai compagni che passano meno tempo sui social, i ragazzi che affermano di usare i social per più di 4 ore (34,2%) registrano punteggi significativamente più alti nelle scale relative alla manipolazione fotografica e al controllo dell'immagine nelle foto online/offline e nella scala relativa all'ansia da aspetto, e significativamente più bassi in termini di body-esteem". Da un primo esame, "più tempo sui social equivale a una manipolazione più frequente, a un maggior controllo dell'immagine nelle foto, a più ansia da aspetto e a una peggior percezione della propria immagine corporea". Solo il 25,4% dei partecipanti - risulta dallo studio pilota - è soddisfatto al primo scatto e soltanto il 22,9% è soddisfatto del primo scatto che pubblicherà sui social. Il 36,8% dei partecipanti dichiara di eliminare 2-5 selfie tra quelli scattati. Sul fronte editing, il 49,2% dichiara di editare le foto: la maggior parte di questi lo fa all'interno del social su cui vuole pubblicare o dall'App 'Foto' del telefono, mentre in pochissimi dichiarano di utilizzare App dedicate. Relativamente all'editing automatico della fotocamera del telefono (editing non volontario), sui 120 partecipanti, il 30,8% dichiara che "forse" c'è una differenza tra l'immagine che si vede sullo schermo nel momento in cui ci si scatta la foto e quella che rimane salvata sul telefono. La manipolazione riguarda principalmente l'alterazione di caratteristiche 'fisiche' della foto e l'uso di filtri interattivi divertenti. Il controllo esercitato sull'immagine corporea nelle fotografie scattate e selezionate per la pubblicazione sui social è motivato principalmente da preoccupazioni per il proprio aspetto fisico nel momento in cui ci si relaziona con gli altri. Gli studenti esprimono poi timori per un utilizzo non appropriato delle foto condivise, che possono essere "manomesse/ritoccate" o utilizzate con finalità diverse da quelle di partenza (web-related anxiety) e sono consapevoli dei rischi della condivisione.Gli esperti notano che "depressione e ansia da aspetto sono maggiori tanto più bassa è la percezione della propria immagine corporea (misurata tramite la Body Esteem Scale) e tanto più alti sono la manipolazione fotografica (misurata tramite la Photo Manupulation Scale) e il controllo sull'immagine corporea (misurato tramite la Body Image Control in Photos). La manipolazione fotografica, a sua volta, correla positivamente con il controllo sull'immagine corporea e negativamente con la percezione della propria immagine corporea".Il progetto di ricerca, che gode del patrocinio del Comune di Milano, è iniziato nella primavera 2022 - si legge nella - con l'obiettivo di ampliare l'ambito di indagine dalle scuole secondarie di primo grado alle scuole secondarie di secondo grado, coinvolgendo un campione più ampio di studenti al fine di indagare anche l'impatto del contesto sociale e di fattori ambientali nel modulare la relazione con l'immagine di sé digitale e più in generale nell'utilizzo (dis)funzionale dei social media e delle nuove tecnologie.Dichiara la coordinatrice di SatisFace Chiara Brombin, associata di Statistica presso la Facoltà di Psicologia di Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, coinvolta nelle attività di ricerca del Cussb e componente del nutrito comitato scientifico del progetto: "Durante l'attività svolta con le scuole all'interno di SatisFace, abbiamo rilevato un notevole interesse sia da parte degli studenti sia dei docenti su un tema così complesso come quello dell'uso delle tecnologie digitali, soprattutto smartphone e social media, e il rapporto con la propria immagine. Interesse facilmente percepibile anche nei genitori, forse i più in difficoltà nel seguire le conseguenze della rapida evoluzione dei meccanismi psicologici generati dall'uso del digitale sui propri figli". "Il progetto - precisa la docente - ha una finalità scientifica con immediate ricadute pratiche: promuovere il benessere digitale negli adolescenti e sensibilizzarli rispetto ai potenziali rischi della manipolazione e mistificazione del sé digitale. Attività cruciale, soprattutto se si considera, oltre al numero considerevole di ore che i giovani trascorrono online, il periodo di vita che stanno vivendo così importante per la costruzione identitaria".