In Sardegna un esercito di giornalisti precari sfruttati e sottopagati: lo dice il rapporto Ucsi

sabato 12 maggio 2018
Sono centinaia i giornalisti precari che in Sardegna lavorano senza la prospettiva di un contratto che viene negato loro dagli editori.
OLBIA. La fotografia appena scattata dal rapporto dell'Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana) sul mondo del giornalismo in Sardegna è disastrosa. La relazione, appena presentata a Cagliari, è piuttosto preoccupante. Si parla di 762 giornalisti professionisti e di 408 pubblicisti che vivono di solo giornalismo, ma che nella maggior parte dei casi guadagna meno di duemila euro all'anno, il 42,1 percento. Il 23,2 percento guadagnerebbe tra i 2mila e i 7mila euro. Solo il 10 percento tra i 15mila e i 25mila euro all'anno. Per esemplifiare la situazione, il 65 percento dei giornalisti guadagna mediamente tra i 170 e i 580 euro mensili). Si vive alla giornata, con paghe da fame per ogni singolo articolo (dai due euro ai venti euro a seconda dei giornali) e prospettive di assunzione a tempo indeterminato ormai quasi pari allo zero. Una gavetta continua, molto spesso a partita Iva e tutt'altro che lavoro autonomo, ma che può durare decine di anni e in alcuni casi non concludersi con un contratto "vero".

Le uniche certezze, secondo la relazione, le hanno i giornalisti assunti a tempo indeterminato nelle testate storiche sarde: Unione Sarda/Videolina e La Nuova Sardegna.  Tutti gli altri, compresi i collaboratori di queste importanti testate regionali, navigano a vista e molti sono quelli che nel percorso hanno rinunciato perché diventato un mestiere insostenibile e a totale carico dei giornalisti stessi. Ed ecco allora crescere, secondo il rapporto dell'Ucsi Sardegna, l'insofferenza verso l'Ordine dei Giornalisti e il sindacato che secondo gli intervistati "dovrebbero essere ripensati e soprattutto più vicino ai più deboli". Proprio domani, 13 maggio si terranno le elezioni per il rinnovo dei consiglieri e del presidente dell'ordine regionale ai quali spetterà il compito di cambiare marcia, di uscire dall'ombra e portare avanti le battaglie dei propri iscritti.

Le nuove sfide riguardano un esercito di centinaia di professionisti e pubblicisti che potrebbero trovare posto nelle pubbliche amministrazioni se solo si chiedesse con forza l'applicazione della legge 150 del 2000 per gli uffici stampa, se si legassero i contributi pubblici, soprattutto quelli regionali, all'assunzione sul territorio di precari, se si incrementassero i contributi per le realtà online che stanno crescendo a vista d'occhio e che assumerebbero volentieri nuovi giornalisti, se si rilanciasse un vero confronto con gli editori per un patto sul futuro dei giornalisti sardi e dunque sulla qualità del lavoro.

Passa anche da qui la battaglia per la libertà di stampa e per il futuro del giornalismo. Come può essere libero un giornalista che ha un reddito che è ben al di sotto della soglia di povertà? Come si può scrivere un'inchiesta senza le opportune coperture legali e contrattuali? La ricerca dell'Ucsi ha investito un campione di 263 giornalisti su un totale di circa un migliaio tra professionisti e pubblicisti. Su 1394 iscritti all'ordine regionale dei giornalisti sardi solo 224 risultano contrattualizzati. Quasi il 50 percento degli intervistati, come si legge nel rapporto, ritiene che le competenze e la bravura siano importanti, ma che servano raccomandazioni politiche per essere assunti. Il 34,4 percento, invece,  ritiene che la bravura non conti nulla e che contino solo le conoscenze politiche e le amicizie giuste per arrivare al tanto sospirato contratto. La rimanente parte, un 18 percento, ritiene che si venga assunti per meriti personali. Nonostante questa triste e pesante realtà, l'esercito di precari continua a lavorare a testa bassa e a scrivere perché ritiene che il mestiere del giornalista sia il più bello del mondo.

Il rapporto presentato a Cagliari, sarà oggetto di discussione anche a Sassari il 19 maggio prossimo nei locali del smeinario arcivescovile.

 
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