
(AdnKronos) - Sul punto del sovradimensionato ricorso al cesareo vengono portati alcuni dati. Si legge ad esempio nella proposta di legge della dem Elena Carnevali. "In Italia la prevalenza del taglio cesareo è passata da circa il 10 per cento all’inizio degli anni ottanta al 37,5 per cento nel 2004, percentuale che si è mantenuta fino al 2015; attualmente la percentuale di TC registrata in Italia è la più alta d’Europa, dove la maggior parte delle nazioni registra valori inferiori al 25 per cento". "Si rileva inoltre -si sottolinea- una spiccata variabilità su base interregionale, con valori tendenzialmente più bassi al nord e più alti al sud". Dati confermati anche nel testo presentato dalla grillina Vega Colonnese: "L’Italia ha il triste primato di essere il Paese europeo con maggiori parti cesarei" con cifre superano di gran lunga "il limite massimo della percentuale dei cesarei rispetto alla totalità dei parti" fissato al 20 per cento dall'Oms. "In Italia la percentuale di parti cesarei è del 36,3" e la quota più elevata di parti cesarei si registra in Campania (56,6 per cento), seguita da Sicilia (42,5 per cento), Puglia (41,7 per cento) e Lazio (39 per cento). L'esponente 5 Stelle vede dietro questi dati intenti poco leciti: "Si ipotizza il reato di truffa nei confronti dello Stato quando una struttura ospedaliera o convenzionata pratica un parto cesareo non necessario, guadagnando circa 2.457 euro invece dei 1.139 euro previsti per un parto naturale. Pertanto crediamo che sarebbe opportuno monitorare la frequenza dei parti effettuati con taglio cesareo e ridurre le forti differenze regionali esistenti".
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