Animali: Anmvi su dati Eurispes, nessun calo di pet in casa

Petfood non è in crisi

salute
AdnKronos
Roma, 27 gen. (AdnKronos Salute) - La crisi economica colpisce sempre di più gli italiani, come rileva il rapporto Italia 2017 dell’Eurispes, e a farne le spese sarebbero anche i nostri animali domestici: il 33% della popolazione ne ha almeno uno in casa, ma la percentuale sarebbe calata del 10% rispetto all'anno precedente. I dati dell'Istituto di ricerca non convincono però il presidente dell'Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi), Marco Melosi: "sono dubbioso su questo calo - spiega all'AdnKronos Salute - in base alla mia esperienza e quella dei colleghi di altre regioni, se i numeri non sono aumentati, non sono di certo diminuiti. Anzi, capita spesso che chi ha già un cane ne prenda anche un altro". "I dati in nostro possesso sono diversi - gli fa eco Antonio Manfredi, direttore Anmvi - Eurispes rileva un calo del 10% dal 2016 al 2017, mentre a noi risulta che la percentuale di possessori di animali in casa sia oltre il 43%", più di quanto silevi l'Eurispes. I veterinari non concordano nemmeno sul taglio delle spese per l'alimentazione dei pet: "Ricerche di mercato tendono a dimostrare il contrario, il settore del petfood - replica Melosi - è uno dei pochi non in crisi".Menzione a parte meritano i dati relativi alle cure mediche o agli interventi chirurgici costosi: a causa delle ristrettezze economiche, il 17,3% di chi ha un animale vi avrebbe rinunciato, rileva Eurispes. "Alcuni interventi sono in effetti costosi, ed è anche vero che non tutti se li possono permettere in un periodo di forte crisi come questo - conferma il presidente Anmvi - ma va precisato che la medicina veterinaria è esclusivamente privata, non ne esiste una pubblica. Stiamo parlando di una disciplina che ha avuto un'evoluzione importante, che oggi è dotata di strumentazioni sofisticate e tutto questo incide sul costo di determinati interventi. La strutture private - prosegue - spendono di tasca propria per comprarsi le strumentazioni necessarie, che arrivano a costare anche centinaia di migliaia di euro, e tutto questo quindi ha poi ripercussioni sui costi"."Inoltre - sottolinea Melosi - un altro fattore importante è quello che riguarda l'Iva: per le visite veterinarie si applica il tasso più alto d'imposta previsto dal fisco, al 22%. Non viene applicata nessun tipo di esenzione: Anmvi chiede da anni una diminuzione dall'aliquota Iva, così da poter ridurre il costo delle prestazioni veterinarie. Un'altra battaglia che portiamo avanti - aggiunge Melosi - è quella delle detrazioni delle spese fiscali, poiché per la veterinaria è possibile detrarre al massimo 50 euro, mentre noi chiediamo una detrazione del 100% delle spese sostenute. L'abbassamento dell'aliquota Iva sulle prestazioni e la detrazione totale delle spese aumenterebbero il numero di persone che possono accedere anche agli interventi più costosi", ribadisce."Un leggero calo sul numero delle visite lo abbiamo riscontrato - ammette Melosi - ma non in percentuali così elevate come quelle rilevate da Eurispes (25%). C'è qualcuno che tende a saltare qualche vaccinazione o controllo - spiega - ma c'è comunque sempre molta attenzione verso la salute dell'animale in caso di malattia o problemi". "In questi giorni stiamo ultimando un'indagine sulle tendenze dei proprietari di cani e gatti - conclude infine Manfredi - non abbiamo ancora dati definitivi ma possiamo già anticipare che la percentuale Eurispes che rileva un 34% di acquisti di animali in negozio ci risulta anomala: i petshop che hanno animali oggi sono pochissimi - sottolinea - neanche il 15%, e chi vuole comprare un animale nel 46% dei casi si rivolge agli allevatori, che sono la prima fonte di acquisto".

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