Roma, 24 ago. (Adnkronos) - “Berlusconi ha sollevato prima del tempo un problema che tutti sappiamo si sarebbe posto, che non è però affatto quello della riforma costituzionale, ma del rapporto che il destracentro, se vince le elezioni, intende avere col Presidente in carica Sergio Mattarella". Così Stefano Ceccanti del Pd a Il Riformista. "Sappiamo che si sarebbe posto perché la forza di destra che è diventata egemone in quello schieramento, Fdi, non solo non ha votato per il Presidente Mattarella e non gli ha risparmiato critiche anche molto dure in questi mesi, ma c’è di più. Nessuno si ricorda che nel 2018 fu Giorgia Meloni, prima di Di Maio, a chiedere di mettere in stato di accusa il Presidente Mattarella per aver esercitato il suo potere di nomina rispetto al ministro Savona, autore di un piano di uscita surrettizia dall’Euro. Questo è il problema, non quello di una riforma che nel caso arriverebbe dopo anni". “Senza demonizzare in sé alcuna proposta, io inviterei per ragioni di efficacia ad adottare l’approccio non giacobino a cui ci ha richiamato Luciano Violante, sulla scia anche di Enzo Cheli e Andrea Manzella. Sono stati ridotti i numeri di deputati e senatori. Da lì si può partire per spostare funzioni, dal rapporto fiduciario alla conversione dei decreti, al Parlamento in seduta comune che sarà composto da 600 eletti. Abbiamo idea di cosa significhi in termini di stabilità di Governo dover dipendere da un’unica assemblea di 600 invece che da due distinte di 400 e 200?". Sulla posta in gioco con le elezioni Ceccanti afferma: “Gli elettori devono sapere che sulla parte maggioritaria della scheda l’unica reale alternativa è tra il candidato uninominale delle destre che si sono aggregate in modo subalterno a Meloni che ha sempre osteggiato Draghi e quello della coalizione del centrosinistra. Gli altri schieramenti in quella parte trainante della competizione non sono in campo.”