Venerdì 27 maggio, alle ore 17.30, all'interno della suggestiva cornice dell'ex Convento dei Cappuccini, il Comune di Ploaghe, in collaborazione con la Carlo Delfino Editore, con la Pro Loco e la Biblioteca Comunale, presenta la mostra di incisioni realizzate nella prima metà del '900 dall'artista napoletano Guido Colucci sull'abito tradizionale sardo. All'inaugurazione parteciperanno: l'editore Carlo Delfino e Lorenzo Porcu responsabile relazioni esterne della Carlo Delfino Editore, il sindaco Carlo Sotgiu e il delegato alla cultura Giovanni Salis del Comune di Ploaghe, Cosimo Fiori presidente del Gruppo Folk Salvatore Manca. A seguire si terrà la proiezione del documentario dell'Istituto Luce "La Sardegna del '900 memorie di un secolo".
La mostra, che sarà visitabile anche durante le giornate dei Monumenti Aperti ploaghesi del 28 e 29 maggio, rimarrà esposta sino all'11 giugno, racconta il grande e importante lavoro svolto da Guido Colucci negli anni 20' e 30' durante una serie di soggiorni in Sardegna. Proprio durante queste visite nell'Isola il Colucci si appassionò al costume sardo tanto da riuscire nel breve tempo a realizzare le incisioni di 43 costumi, lavori che, oltre a grande pregio, sono una testimonianza fedelissima di grande interesse storico e demo-etno-antropologico.
Nei sui spostamenti riuscì a venire a diretto contatto con una grande varietà di tipologie del vestiario dei numerosi centri delle diverse zone della Sardegna quali Samugheo, Bitti, Bono, Orgosolo, Ittiri, Sennori, Cagliari, Iglesias, Milis, Ploaghe, etc. Di questo importante lavoro sono state tirate dalle lastre originali solo 90 esemplari per ciascun incisione, esemplari punzonati e autenticati dal Maestro incisore Enrico Piras.
Questi lavori ci consegnano una ampia testimonianze di come erano fatti gli abiti tradizionali visto la grande attenzione nella rappresentazione dei dettagli che va oltre qualsiasi testimonianza fotografica, consegnandoci così un interessante "spaccato" da cui poter attingere per la conoscenza storica di questo importante simbolo di identificazione culturale qual è l'abito sardo.
Traduzione in lingua sarda della sinossi a cura dello Sportello Linguistico Comunale di Ploaghe che sarà aperto tutti i martedì dalle ore 9.00 alle 12.30 per le attività ordinarie di traduzione degli atti amministrativi e per iniziative di sensibilizzazione, attraverso il contatto e il dialogo, rivolte alla popolazione e alle scuole.
Guido Colucci nasce a Napoli nel 1877, figlio di un diplomatico studiò a Lucca e a Genova. Nel 1902 il padre andò in riposo trasferendosi a Firenze, dove Guido si laureò in Scienze Sociali e Politiche, preparandosi alla carriera consolare. Frequentava lo studio di Giovanni Fattori dal quale apprese i primi rudimenti di tecnica della incisione. Aprì uno studio a Firenze, ingombro di vasi e incisioni giapponesi e di antiche armi orientali, dove disegnava e incideva. Partecipò alle Esposizioni del 1908 e del 1909 della Società delle Belle Arti di Firenze. L'anno dopo la sua arte di incisore fu "scoperta" dal critico Francesco Sapori che gli dedicò un lungo articolo su "Vita d'arte". Dopo alcune mostre collettive a Firenze e la partecipazione alla Biennale di Venezia, Colucci debuttò a Parigi nel 1913, al Salon di primavera. Da un soggiorno a Tripoli tornò con visioni di case arabe, accecate dal sole. Volontario nella Grande Guerra e ferito a un occhio, fu degente all'Ospedale di Siena. Divideva i suoi giorni tra Firenze, Bastia in Corsica _ nella casa una volta abitata da Domenico Guerrazzi _ e Siena, dove suo fratello Carlo Waldemar Colucci era vice Prefetto. Disegnava e incideva ponti di Firenze, stradine di Siena e paesaggi della campagna toscana con contadini a lavoro. Incise vedute di piccoli porti della costa ligure, con barche e pescatori. Nel 1919 espose a Firenze, a Palazzo Antinori, ceramiche, mobili intagliati e dipinti, incisioni colorate, oli e arte applicata, proponendosi come artista "totale" e meritando la medaglia d'argento per la puntasecca Follia.
Tra gli anni '20 e '30, durante alcuni soggiorni in Sardegna realizzò le opere che rappresentano un gran numero degli abiti tradizionali dell'epoca, creando, oltre a pregiati lavori, una testimonianza fedelissima e di grande interesse storico e demo-etno-antropologico.
La mostra, che sarà visitabile anche durante le giornate dei Monumenti Aperti ploaghesi del 28 e 29 maggio, rimarrà esposta sino all'11 giugno, racconta il grande e importante lavoro svolto da Guido Colucci negli anni 20' e 30' durante una serie di soggiorni in Sardegna. Proprio durante queste visite nell'Isola il Colucci si appassionò al costume sardo tanto da riuscire nel breve tempo a realizzare le incisioni di 43 costumi, lavori che, oltre a grande pregio, sono una testimonianza fedelissima di grande interesse storico e demo-etno-antropologico.
Nei sui spostamenti riuscì a venire a diretto contatto con una grande varietà di tipologie del vestiario dei numerosi centri delle diverse zone della Sardegna quali Samugheo, Bitti, Bono, Orgosolo, Ittiri, Sennori, Cagliari, Iglesias, Milis, Ploaghe, etc. Di questo importante lavoro sono state tirate dalle lastre originali solo 90 esemplari per ciascun incisione, esemplari punzonati e autenticati dal Maestro incisore Enrico Piras.
Questi lavori ci consegnano una ampia testimonianze di come erano fatti gli abiti tradizionali visto la grande attenzione nella rappresentazione dei dettagli che va oltre qualsiasi testimonianza fotografica, consegnandoci così un interessante "spaccato" da cui poter attingere per la conoscenza storica di questo importante simbolo di identificazione culturale qual è l'abito sardo.
Traduzione in lingua sarda della sinossi a cura dello Sportello Linguistico Comunale di Ploaghe che sarà aperto tutti i martedì dalle ore 9.00 alle 12.30 per le attività ordinarie di traduzione degli atti amministrativi e per iniziative di sensibilizzazione, attraverso il contatto e il dialogo, rivolte alla popolazione e alle scuole.
Guido Colucci nasce a Napoli nel 1877, figlio di un diplomatico studiò a Lucca e a Genova. Nel 1902 il padre andò in riposo trasferendosi a Firenze, dove Guido si laureò in Scienze Sociali e Politiche, preparandosi alla carriera consolare. Frequentava lo studio di Giovanni Fattori dal quale apprese i primi rudimenti di tecnica della incisione. Aprì uno studio a Firenze, ingombro di vasi e incisioni giapponesi e di antiche armi orientali, dove disegnava e incideva. Partecipò alle Esposizioni del 1908 e del 1909 della Società delle Belle Arti di Firenze. L'anno dopo la sua arte di incisore fu "scoperta" dal critico Francesco Sapori che gli dedicò un lungo articolo su "Vita d'arte". Dopo alcune mostre collettive a Firenze e la partecipazione alla Biennale di Venezia, Colucci debuttò a Parigi nel 1913, al Salon di primavera. Da un soggiorno a Tripoli tornò con visioni di case arabe, accecate dal sole. Volontario nella Grande Guerra e ferito a un occhio, fu degente all'Ospedale di Siena. Divideva i suoi giorni tra Firenze, Bastia in Corsica _ nella casa una volta abitata da Domenico Guerrazzi _ e Siena, dove suo fratello Carlo Waldemar Colucci era vice Prefetto. Disegnava e incideva ponti di Firenze, stradine di Siena e paesaggi della campagna toscana con contadini a lavoro. Incise vedute di piccoli porti della costa ligure, con barche e pescatori. Nel 1919 espose a Firenze, a Palazzo Antinori, ceramiche, mobili intagliati e dipinti, incisioni colorate, oli e arte applicata, proponendosi come artista "totale" e meritando la medaglia d'argento per la puntasecca Follia.
Tra gli anni '20 e '30, durante alcuni soggiorni in Sardegna realizzò le opere che rappresentano un gran numero degli abiti tradizionali dell'epoca, creando, oltre a pregiati lavori, una testimonianza fedelissima e di grande interesse storico e demo-etno-antropologico.
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