Cambio di sesso, eseguito a Sassari
il primo storico intervento

di Daniele Murino

SASSARI. Un nuovo pezzo di storia della medicina sarda è stato appena scritto nelle sale operatorie di Sassari. Quindici giorni fa, il dottore Emilio Trignano ha eseguito per la prima volta una conversione androginoide: un intervento che comporta il cambiamento degli organi sessuali maschili in quelli femminili. L'operazione è avvenuta all'interno del Dipartimento di scienze chirurgiche e micro chirurgiche dell'Università di medicina di Sassari, diretta dal professore Mario Trignano, e ha visto la collaborazione dell'unità complessa del reparto di Chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica, diretta dal professore Gian Vittorio Campus.

L'operazione, portata a termine in poco più di tre ore, è un fiore all'occhiello per la sanità sassarese e isolana. Fino a oggi, infatti, gli unici centri in grado di gestire una casistica come questa erano Roma, Napoli, Pisa e Bari. Ora, grazie alla professionalità del dottore Emilio Trignano, Sassari è diventato il quinto centro italiano. «L'intervento androginoide – spiega il giovane medico sassarese – è un intervento molto delicato che comporta una profonda conoscenza dell'anatomia e delle tecniche chirurgiche. La perfetta riuscita dell'operazione fa ben sperare per il futuro della sanità locale. Penso che nel giro di poco tempo, il reparto di chirurgia potrà diventare una realtà d'eccellenza sul territorio nazionale al pari dei centri già esistenti».

Il caso. Il dottore Emilio Trignano si è confrontato con un caso di disturbo di identità di genere (dig). Una patologia ben delineata che non viene più trattata da uno psichiatra, ma da un endocrinologo e da un chirurgo plastico. «La prima fase, quella che coinvolge l'endocrinologo, si basa su una terapia ormonale ricca di estrogeni. La seconda fase, invece, è quella coordinata dal chirurgo a cui spetta il compito di modificare concretamente il fisico della paziente. Questa casistica non ha nulla a che vedere con l'omossessualità classica. Il paziente si sente attratto da persone del suo stesso sesso ma non si riconosce nelle proprie sembianze fisiche. Così, per assecondare questo desiderio, il paziente inizia un processo di trasformismo: si parte dagli ormoni per passare alla riduzione del pomo di adamo, all'adattamento degli zigomi, al trapianto di capelli se necessario e alla creazione del seno. L'ultimo intervento è il cambio degli organi genitali».
 
L'operazione. La scienza medica attuale consente di effettuare entrambi gli interventi, sia quello androginoide sia quello ginoandroide. Tra i due tipi di interventi esistono alcune differenze. «Le difficoltà maggiori, il chirurgo le incontra nel passaggio dall'organo maschile a quello femminile. Ma i risultati ottenuti sono nettamente migliori: dopo l'intervento, infatti, la paziente prova piacere nell'atto sessuale. L'operazione opposta è più semplice ed è meno rischiosa. Ma il risultato finale è meno performante. L'organo maschile dovrà essere sorretto da una protesi».

Degenza. La degenza dura sei giorni e nel mese successivo il paziente si deve sottoporre a più medicazioni. Queste visite sono particolarmente delicate e devono essere fatte da uno specialista.

Il costo. In Tailandia, in sud America e in alcuni Paesi del nord Africa, il costo dell'intervento si aggira intorno ai 5mila euro. In Italia, invece, la spesa arriva fino ai 15mila euro. «A fronte di spesa maggiore, il paziente è certo di avere al suo fianco uno medico specializzato capace di intervenire in tutta la fase della convalescenza. Una garanzia che le persone che scelgono di fare l'intervento all'estero non hanno. Molte di loro, quando tornano in Italia, rischiano di avere delle infezioni o dei disagi fisici».

La formazione. Il dottore Trignano si è formato nelle sale operatorie di Roma, Londra e Taiwan. «Mi sono innamorato di questo genere di intervento durante la mia prima guardia a Roma. Ho passato tutta la notte a chiacchierare con un paziente affetto dal disturbo di identità di genere: un intellettuale della borghesia romana che dopo anni di pratiche burocratiche era alle porte dell'ultimo intervento. Quella chiacchierata mi è servita per abbattere tutti i miei pregiudizi e indirizzare la mia professionalità verso questa casistica. Purtroppo in Italia c'è ancora una mentalità bigotta e arretrata nei confronti di queste persone. Una mentalità che spesso degenera in atteggiamenti omofobi e razzisti. Io penso, più semplicemente, che queste persone debbano essere supportate e aiutate nel loro percorso».
 
Il futuro. «Non penso che nei prossimi anni e neanche in un futuro abbastanza lontano da noi la scienza medica sarà in grado di ricostruire un apparato femminile. Quindi mi sembra improbabile che questi pazienti possano avere dei figli naturali. Ma dopo l'intervento, lo Stato italiano attribuisce a queste persone dei nuovi documenti e gli offre la possibilità di compiere un percorso adottivo. Così, come tutte le altre donne, anche loro possono aspirare ad avere una famiglia e dei figli».

 

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