SASSARI. Bronzi e ceramiche prendevano la via del mare dalla Sardegna verso il nord Italia e la Corsica. Materiale raro, frutto di scavi archeologici clandestini, che poi finiva in collezioni private di facoltosi uomini d'Oltralpe e italiani. Un vero e proprio commercio internazionale gestito da un'associazione a delinquere che è stato smantellato stamattina da un'operazione dei carabinieri del nucleo di tutela del patrimonio culturale insieme al comando provinciale di Sassari. Dieci le persone arrestate che dovranno rispondere di ricettazione, impossessamento illecito di Beni Culturali, violazioni in materia di ricerche archeologiche e esportazione illecita con l'aggravante del reato di transnazionalità, cioè dell'esportazione all'estero di reperti archeologici. Quattro persone sono finite in carcere a Bancali, si tratta dei membri di spicco dell'organizzazione: Michele Zara, 43 anni di Codrongianus, Giovanni Battista Pirisi, 47 anni di Sassari, Giovanni Puggioni, 46 anni e Giovanni Antonio Sanna di Torralba. Altri cinque sono ai domiciliari: Salvatore Puggioni, 63 anni di Sorso, Piero Manghina 58 anni di Sennori, Michele Falchi 55 anni di Tortolì, Costantino Ariani, 60 anni di Sassari, Albino Manunta, 60 anni di Buzi; mentre a Sebastiano Achenza, 58 anni di Sedini è stato imposto l'obbligo di dimora a Osilo.
I reperti sequestrati sono 150, tutti risalenti all'epoca protostorica, a cui si aggiungono una sessantina di fossili e due metal detector. Tra gli oggetti di maggiore importanza storica e archeologica spiccano i tre bronzetti di età nuragica che raffigurano due navicelle con protome taurina e un arciere e poi le due coppette di cultura laziale del VII secolo a. C. Le indagini sono iniziate a novembre dell'anno scorso, all'interno di un'altra azione investigativa legata però al traffico di sostanze stupefacenti che è tutt'ora in corso, e hanno portato alla scoperta di un gruppo di persone che svolgeva scavi clandestini tra il Nuorese e il Logudoro e poi rivendeva i materiali rinvenuti, fuori dalla Sardegna. I reperti seguivano due canali: uno verso la Lombardia, il Veneto e l'Umbria, il secondo verso l'estero, in Corsica, per poi finire in mano a ricchi collezionisti. Nell'isola francese si era creata anche sorta di "base operativa" dell'associazione criminale, perché una parte degli arrestati lavorava lì in qualità di impresario edile. Una copertura che serviva però a mascherare le loro attività illecite. Secondo la ricostruzione delle forze dell'ordine, a coordinare il tutto sarebbe stato Michele Zara, che era finito già in carcere nel 2006 a Torino per commercio illegale di ben 150 bronzetti nuragici.
Grazie alle indagini tecniche e al lavoro sul campo sono state effettuate delle perquisizioni pilotate "a colpo sicuro" che hanno portato tra stanotte e stamattina non solo al ritrovamento di tutti i reperti, ma anche allo smantellamento dell'intera "banda" con il sequestro di computer e cd rom pieni di fotografie dei reperti. Nella prima fase della compravendita venivano, infatti, spedite via mail ai potenziali compratori le immagini del manufatto che intendevano comprare. Era una sorta di vetrina telematica a garanzia della "bontà" dell'investimento. In queste ore si stanno inoltre svolgendo ulteriori approfondimenti e perquisizioni nel nord Italia proprio per cercare di individuare gli acquirenti finali.
Se per i materiali nuragici si ipotizza la provenienza da aree santuariali del centro o del nord della Sardegna come Sant'Antonio a Siligo o Serra Niedda a Sorso, già devastate purtroppo, da scavi clandestini, più difficile rimane da capire il luogo delle due coppette di cultura laziale. Potrebbero essere arrivate in antico - rapporti tra i nuragici e l'area tirrenica sono ben documentati - oppure in età piuttosto recente. Pezzi simili sono stati trovati sia in collezioni private sia tra i sequestri operati dalle forze dell'ordine, quindi non è improbabile che possano essere giunti nell'isola seguendo canali clandestini. Il fatto che le due ceramiche siano integre e ben conservate fa supporre che siano il residuo di un corredo tombale. I pezzi di maggior pregio rimangono comunque i tre bronzetti nuragici: il valore delle due navicelle con protome taurina si aggira tra i 600 mila e i 500 mila euro, mentre l'arciere, per via della sua lavorazione più sommaria, si stima intorno ai 200 mila.
I dettagli dell'operazione, denominata "Bonifacio", sono stati illustrati oggi in una conferenza stampa dal comandante del nucleo Tpc di Sassari, capitano Paolo Montorsi, insieme al tenente colonnello Antonio Fiorillo e alla funzionaria della Soprintendenza per i Beni archeologici di Sassari e Nuoro, Luisanna Usai.


